Cari macrobiotici tristi, malaticci e mogi, lasciate perdere

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Cari macrobiotici tristi, malaticci e mogi, lasciate perdere

Quegli occhiali ovali dalla montatura in osso che sfiorano le sopracciglia, ostinatamente più nere che bianche, sono il suo tratto distintivo e rassicurante. Un po’ come la coperta di Linus o la barba di Bud Spencer. Sono le cornici di uno sguardo guizzante, allegro e un po’ narciso, ma mai referenziale. Andrea Biggio, blogger macrobiotico, lo dice chiaramente quando racconta la sua passione per il modello alimentare e di vita macrobiotica da non macrobiotico: «Amo alimentarmi e cercare ogni nutrimento per cucinarmi al meglio la vita, non fornisco consulenze nutrizionali o dietetiche perché non sono medico, non sono nutrizionista, non sono dietologo». Il suo è un punto di vista.

Andrea, sono le 12.35 ed è quasi ora di pranzo: cosa hai preparato di buono?
«Riso integrale con verdurine per portare sulla tavola un cereale diverso da pasta e pane. Il riso rafforza la mente e, se consumato in via ordinaria, favorisce la contemplazione e la spiritualità. Poi bietole perché sono un appassionato di foglie, adatte soprattutto in primavere ed estate, per tenermi buono e caro il fegato. Il tutto preceduto da una passata di zucchine. E poi non manca la frutta che mangio a mo’ di macedonia».

Chi è l’attore protagonista in cucina?
«Mia moglie. Io mi dedico ai dolci».

Che tipo di dolci?
«Soprattutto il gelato, magari al pistacchio, che lo preparo a modo mio. Parto da una crema di riso semi integrale o alcune volte bianco, che fa da base cremosa, e utilizzo anche malto di mais, ogni tanto mandorle tostate e appunto i pistacchi di Bronte».

Il gelato si mangia sempre?
«No, solo fino a metà agosto. Il freddo non si esaurisce con il consumo perché ne rimane l’energia. Dentro ti porti il gelo. Ne sconsiglio il consumo d’inverno».

Yin e yang, insomma…
«Sì, esatto, anche se preferisco parole di immediata comprensione come espansivo e contrattivo, riscaldante e raffreddante, acidificante e alcalinizzante, sodio e potassio. Quello dell’alimentazione è un gioco continuo che non finisce mai. Di certo non c’è nulla e ricerca e scoperta sono continue. Secondo George Ohsawa, ci ricordava René Lévy, è bene mangiare cibi che ci fanno male e commettere imprudenze per scoprire facilmente cosa sono lo yin e lo yang. L’impostazione “cereali integrali in chicco, legumi e verdure” deve rappresentare il 60-70% dell’alimentazione quotidiana. Tutto il resto va lasciato all’occasionalità. Esiste una fase macrobiotica più stretta per aiutare le persone ad affrontare disturbi e malattie, ma poi, quando si sta sufficientemente in equilibrio, si può tornare a mangiare quasi tutto, anche se non tutti i giorni. In altri termini ci si dovrà gestire tra l’ordinario quotidiano che passa da cereali, verdure e legumi, e il saltuario, l’occasionale, l’infrequente, il periodico ovvero tutte le altre cose che si desidera mangiare perché si vive comunque in questo mondo».

Sei macrobiotico?
«No, ma ne applico i principi e per me, che vengo dal mondo dell’I-Ching, il lavoro della polarità è fondamentale. Come detto, siamo sempre un work in progress e nel percorso mi trovo sempre all’inizio, che non a caso è l’ultimo esagramma dell’I-Ching. Mi sento un eretico della macrobiotica».

Dove sta l’eresia?
«Non riconduco tutto al cibo e alla psiche e non amo il pensiero unico. E poi, posso dire una cosa?».

Sì.
«Basta con l’etimologia. Dall’unione delle parole greche macros e bios ha origine il termine macrobiotica, il cui significato è letteralmente lunga vita. Ma non serve vivere a lungo, serve portare qualità nella macrobiotica. Occorre trovare la gioia di preparare un dolce senza zucchero».

In qualche modo si tratta di slegare il collegamento univoco tra macrobiotica e cura…
«Esatto, esatto. L’espressione “il cibo è la migliore medicina”, che viene fatta risalire a Ippocrate, non è corretta. Meglio dire medicina e cibo hanno la stessa origine. Il discorso è molto più raffinato da quello comunemente in uso da qualsiasi parvenu della cucina macrobiotica, ma è davvero semplice: gli effetti dell’ambiente e del cibo sono la causa e al tempo stesso il metodo di cura delle malattie».

Crudisti, fruttariani, vegani, vegetariani, respiriani: macchiette o proposte alimentari?
«Sono sottoculture e lo dice uno che non si ritiene un acculturato. Sono prigioni da cui evadere al più presto. Non è di diete che dobbiamo parlare ma di modelli alimentari. Vegetariani e vegani, ad esempio, vanno nella stragrande maggioranza dei casi per esclusione. Cancellano, per diverse e valide ragioni, i prodotti animali e mangiano tutto il resto, zucchero bianco incluso, preoccupandosi solo si sostituire bene le proteine della carne e altre carenze che a loro dire potrebbero crearsi. L’idea macrobiotica parte invece da un principio di inclusione e qui si dimostra la grandezza di Ohsawa. E mi sento poi di criticare i crudisti per l’uso del calore che fanno: non considerano l’effetto della cottura del cibo se non nell’aspetto delle conseguenze prodotte sulle sostanze nutritive».

Ma c’è chi raccomanda di mangiare cibi meno cotti possibile per salvaguardare i nutrienti…
«Secondo me la cottura è molto importante sul piano più sottile e invisibile degli effetti energetici prodotti in noi e che vanno ben al di là delle sole componenti biochimiche presenti nel cibo».

Perché la macrobiotica non riesce ad andare oltre una certa soglia di visibilità?
«Per colpa dei macrobiotici. Non tutti naturalmente, e per fortuna. Entrare in alcuni ristoranti macrobiotici è come entrare in una clinica eppure io a casa mangio le stesse cose che servono a tavola. Come diceva René Lévy, se vediamo un macrobiotico triste, malaticcio e mogio, invitiamolo a lasciare perdere, non fa per lui. La maggior parte dei macrobiotici tristi non cucina e frequenta solo ristoranti. Eppure l’inizio della vita, come ripeteva ancora René Lévy, è mettere sul fuoco una pentola d’acqua con un pizzico di sale. La verità è che oggi la macrobiotica non esiste».

Spiegati meglio…
«Le scuole dei padri Michio Kushi, George Ohsawa e Mario Pianesi non si parlano e si criticano a vicenda. Non c’è un’idea condivisa della macrobiotica. Eppure per me, che lo ho conosciute tutte e tre, sono tutte portatrici di grandi intuizioni. I loro geniali principi sono un faro potente e universale per chi vuole iniziare a comprendere cosa portare nel piatto e come farlo».


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Andrea Biggio vive a Firenze. Ha compiuto studi classici a Taranto e si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Nella capitale ha insegnato per due anni materie giuridiche ed economiche in un istituto tecnico romano. In seguito è stato assunto da un istituto di credito internazionale dove ha fatto carriera, prima come analista finanziario e poi come consulente e venditore. Ha infine ricevuto infine l’incarico di direttore della filiale di Firenze, durato fino al luglio 2002.

Ha quindi deciso di concludere, in anticipo e di concerto con l’azienda, il rapporto di lavoro per dedicarsi a tempo pieno ai suoi interessi culturali. Studia e usa da oltre 25 anni l’antico testo cinese I-Ching. Ha curato la sua formazione a Parigi attraverso corsi, seminari di apprendimento e pratica di consultazione presso il Centre DJOHI e collaborando con Pierre Faure e con Cercle Yi Jing. Ha compiuto un lungo percorso di analisi personale e di approfondimento sul piano spirituale e in un’ottica psicologica, lavorando attraverso la pratica di differenti approcci gestalt, bioenergetico e junghiano. Per cinque anni è stato socio della Sipnl, Società italiana per la programmazione neurolinguistica, e ne ha frequentato i seminari annuali. Si è dedicato alla pratica e alla teoria in arti marziali e ginnastiche dolci: Aikido-yoshinkan e Tai Chi Chuan.

Nell’ottica di una conoscenza olistica che coniuga il pensiero orientale con quello occidentale, ha studiato Antroposofia e Macrobiotica, sia come autodidatta che come allievo: in Francia, attraverso seminari full immersion presso Cuisine et Santé, centro di cucina macrobiotica in Saint Gaudens, gestito da Renè Levy, allievo diretto di George Ohsawa; a Milano, con Martin Hasley, studiando terapia alimentare e conseguendo il diploma di Cuoco presso La Sana Gola; a Firenze, con Fiorenza De Angelis, pittrice, arteterapeuta e antroposofa.

 

Alla Vacanza Mare 2016 di Tra Terra e Cielo parlerà di:

1. Salutogenesi, prevenzione e diagnosi precoce.
2. La forza del Cielo e della Terra: un modello alimentare e curativo.
3. Armonizzare il Ki con le stagioni, l’ambiente e il passato.
4. G. Ohsawa e R. Steiner: la spiritualità nel cibo.
5. Transizione verso la macrobiotica e cibo per sportivi.
6. Dulcis in fundo: il sapore dolce e il gusto.


RIFERIMENTI:

Come cucinare la nostra vita


Tra Terra e Cielo
Tra Terra e Cielo
Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

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