Chiudi il conto con la guerra | Banche armate 2014

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Chiudi il conto con la guerra | Banche armate 2014

Con questo ultimo numero dell’anno puntiamo i riflettori sulle banche armate, quelle che finanziano il mercato delle armi e di munizioni, di carri militari e blindati, di polveri, esplosivi e propellenti. L’elenco è a disposizione di tutti perché esiste una legge (la 185 del 1990) che obbliga il governo a rendere pubblici i dati sul finanziamento e il commercio delle armi. Ma può bastare una semplice parola per cambiare il senso delle cose. Se fino allo scorso anno le banche sono state obbligate a chiedere l’autorizzazione del Ministero dell’Economia per i trasferimenti bancari relativi alla vendita di armi, adesso è sufficiente una comunicazione, così le banche risparmiano tempo e il governo crede di pulirsi la coscienza.

Ecco perché la lista che pubblichiamo è parziale. Riguarda solo le operazioni comunicate al governo: nulla sappiamo di quelle non ufficiali se, come è possibile, ce ne sono. Nella lista compaiono solo i nomi dei grandi gruppi bancari che, in anni recenti, hanno monopolizzato il mercato acquisendo molte banche minori o locali. Se la tua banca non c’è, verifica a quale gruppo appartiene e, se è il caso, dille di smettere.

Certo, è tutto legale. Le armi si vendono perché c’è un mercato. C’è un mercato per le pellicce, per i concimi chimici, per i detersivi inquinanti, per gli animali destinati alla vivisezione. Tutto legale. Le banche fanno il loro mestiere, niente di strano. Ma non vogliamo che i soldi dei nostri conti vadano a finanziare il commercio di armi. Se lo fa, la cambiamo. Se lo facciamo in tanti, forse alla banca non converrebbe finanziare la guerra. Le alternative non mancano, come Banca Etica, facilmente accessibile online.

ELENCO BANCHE ARMATE 2013
e valore delle operazioni segnalate agli istituti di credito per l’esportazione di armamenti

Deutsche Bank: 1.167.140.381,18 (oltre 1 miliardo di euro!)
Unicredit: 508.230.592,52
Gruppo BNP Paribas Succursale Italia: 407.569.749,73
Natixis: 213.632.465,00
Ubi Banca: 130.240.054,77
Barclays Bank PLC: 98.092.479,48
Banca Carige (Cassa di Risparmio di Genova e Imperia): 78.725.716,04
Gruppo Crédit Agricole: 70.659.814,43
Banca Valsabbina: 42.803.673,36
Intesa San Paolo: 41.836.571,38
Commerzbank: 35.375.974,69
Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio: 14.079.019,94
Société Générale: 13.691.149,34
Europe Arab Bank PLC: 10.238.821,32
Banco Bilbao Vizcaya: 4.747.242,27
Banco di Sardegna: 4.601.261,25
Credicoop Cernusco sul Naviglio: 4.143.039,81
Banca Popolare dell’Emilia Romagna: 3.998.562,30
Altri: 19.143.638,36

TOTALE: 2.868.950.210,27

Fonte: Relazione 2013 Ministero dell’Economia e delle Finanze

Dove vanno a finire bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa per una spesa complessiva di quasi 3 miliardi di euro? Provando a stilare la più irritante delle classifiche, al primo posto in Arabia Saudita (296,4 milioni) e al secondo l’Algeria (234,6 milioni). Il gradino meno nobile del podio insanguinato è occupato dagli Emirati Arabi Uniti (94,6 milioni). E ovviamente c’è stato un bel transito verso i paesi alle prese con conflitti interni, come Egitto, Turchia e Israele. Ma non era vietato dalla legge 185? Le aziende italiane non potrebbero fare affari con paesi in conflitto o in cui siano accertate gravi violazioni dei diritti umani o la cui spesa miliare è eccessiva rispetto a quella sociale. Già, non… potrebbero.

Tra Terra e Cielo
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